C’è
troppo pessimismo economico ingiustificato
Di
Carlo Pelanda
La scorsa
settimana il Fondo monetario internazionale ha previsto crescita zero nel 2008
per l’Italia e la Banca d’Italia è insorta
contro tale scenario giudicandolo troppo pessimista. Ambedue le istituzioni
hanno centri di ricerca di grande qualità. Chi ha ragione?
In generale,
nel mondo dei think tank, centri universitari, guru dell’economia, uffici
ricerche delle istituzioni e degli analisti di vario tipo si nota da mesi una
inconsueta varietà di opinioni sulla crisi in atto ed in arrivo. Alcuni parlano
di un crisi simile al 1929 che devastò il globo. Altri dicono che la crisi
finanziaria è passata, ma avrà lo strascico di una recessione in America. Ci si
divide sull’entità e sul quanto impatterà sull’Europa. La confusione è
notevole. A questa va aggiunto il silenzio sulla materia che ci interessa di
più al momento: quanta inflazione la
Bce stima per l’eurozona nei prossimi 18 mesi e in base a
questo quando abbasserà i tassi o meno? Lo scenario peggiore, infatti, è quello
di stagnazione economica combinata con più inflazione e costo del denaro
elevato, e dei mutui a tasso variabile, per contenerla. Ci siamo vicini o tale
caso peggiore sarà evitato? Provo a dirvi la mia esattamente come la ho detta
ai ricercatori che dirigo per orientare le loro analisi di scenario. Il punto è
che sta cambiando la struttura che ha retto per decenni il mercato
internazionale. L’America da importatore di merci di tutto il mondo sta
diventando esportatore o comunque assorbirà di meno produzioni globali perché
non regge più troppi consumi finanziati con debito privato. Il dollaro, per
conseguenza del fenomeno detto e per la perdita di credibilità dovuta alla
crisi finanziaria, è sempre di meno moneta di riferimento. Questi due fatti
stanno creando situazioni nuove di cui nessuno ha esperienza e generano
inquietudine. Il pessimismo, poi, prevale perché tutte le economie del pianeta sono diventate
più o meno ricche in una situazione dove l’America importava tanto ed il
dollaro era il riferimento. Senza queste due condizioni c’è il timore di un
crack colossale o comunque di una brutta crisi sistemica. In sintesi, molti
scenari propendono verso il pessimismo perché gli analisti temono che stia
cedendo il pilastro americano del mercato globale. Per questo ne prevedono la
caduta e situazioni molto brutte per le economie più fragili, tra cui l’Italia.
Ma non vedo un crollo di America e dollaro. Certamente il sistema americano si
sta modificando perché non può reggere un eccesso di consumi, debiti privati e
di importazioni, ma non sta implodendo. Il valore di cambio di dollaro si
rialzerà non tanto per forza propria, ma perché tutti nel mondo hanno interesse
che resti moneta di riferimento. Infatti la Bce dovrà ridurre i tassi entro il 2008 sia per
contrastare la recessione sia per aiutare il rialzo del dollaro stesso e non uccidere
gli esportatori. Ora tace perché vuole che i governi europei tengano posizioni
disinflazionistiche, ma tra qualche mese lo farà. La crisi finanziaria è stata
contenuta. In conclusione, tra un anno circa il sistema dovrebbe riorganizzarsi
e ripartire in crescita. Per questi motivi vedo nei dati una crisi media e non
certo la catastrofe. Resta comunque prioritario per l’Italia rafforzare
l’efficienza economica, e politica, interna: il rischio vero è che non
riusciremo a riagganciare la ripresa globale del 2009.
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